Lettera aperta ai Senatori Fuda e Zanda

 

UN MANCATO COLPO DI SPUGNA, UN VERO PASTICCIO

 

Alla fine non si è riuscito a trovare chi se ne assumesse la paternità. Neppure Lei, Senatore Fuda, primo firmatario. Se il Corriere della Sera del 16 dicembre a pagina 2 riferisce correttamente il Suo pensiero Lei ha risposto “non lo so”.

E Luigi Zanda, Senatore della Margherita, che ha sottoscritto l’emendamento, al quale un’antica amicizia mi consente di dare del Tu, aggiunge: “So soltanto che la norma era stata scartata dal nostro gruppo parlamentare, dalla cabina di regia, dal governo e dal relatore, e che quindi nella finanziaria non doveva esserci”. E aggiunge, “in questo momento lo considero un errore”.

E no, caro Luigi, questa modifica del dies a quo della prescrizione dell’azione di responsabilità non va bene né “in questo momento” né in altro, anche perché in contrasto con il sistema della responsabilità civile e l’insegnamento della Cassazione, la quale ha sempre affermato che, quando vi è differenza temporale tra l’evento che ha causato un danno e quello nel quale se ne hanno le conseguenze pregiudizievoli a carico di un soggetto, è da questo momento che decorre la prescrizione. Perché “la prescrizione comincia a decorrere da quando il diritto può essere fatto valere”, come si esprime l’art. 2935 del codice civile. Ed è logico. Per un fatto banale, come un incidente stradale, solo quando ho riparato l’auto so quale pregiudizio finanziario ho subito.

Sempre dal Corriere si apprende che “la norma aveva un’altra formulazione e prevedeva un secondo comma che avrebbe meglio definito la materia e meglio l’avrebbe regolamentata”. Lo ha spiegato Zanda.

Anzi i commi, secondo Fuda, erano quattro e non avrebbero attuato un “colpo di spugna”. Anzi “era tutto diverso: volevo un controllo serio”. Perché aggiunge “La Corte dei conti non lavora. Io vengo dalla pubblica amministrazione e conosco la materia. La Corte dovrebbe operare in modo diverso, guidare gli amministratori locali, non aspettarli al varco dopo che hanno sbagliato”. Anzi “dovrebbe intervenire prima che si commetta l’errore. Questo sistema, che prima si lascia fare e poi si presenta il conto, proprio non va. La Corte dei conti, scusate, la paghiamo noi, sono stipendiati oppure no? Devono fare un servizio utile allo Stato”.

E sulla riduzione della prescrizione, nel senso che se ne anticipa illogicamente l’inizio, Fuda dice: “Venga in Calabria a vedere. Ci sono migliaia di procedimenti prescritti, e il 5% no. Perché non sono stati prescritti tutti? Se si va a vedere in profondità, scoprirà che esiste una discrezionalità che non è corretta”.

La citazione è ampia, ma necessaria per comprendere la grave mancanza di cognizione delle norme che regolano la materia e dei fatti.

Andiamo per ordine. “La Corte dei conti non lavora”, dovrebbe “guidare” gli amministratori locali. Il linguaggio è un po’ greve, poco senatorio e poco istituzionale. In sostanza un insulto gratuito.

Caro Senatore, intanto Lei parla di “controllo serio” e propone una norma sulla giurisdizione, più esattamente sull’azione di responsabilità che è di competenza del Pubblico Ministero presso la Corte dei conti. Una differenza di non poco conto. Riduce le garanzie dell’erario in sede di risarcimento di un danno prodotto con dolo o colpa grave. Non mi pare istituzionale.

Lei viene dalla pubblica amministrazione, più esattamente dalla Cassa del Mezzogiorno e dalla Regione Calabria. È stato anche assessore e Presidente della Provincia di Reggio Calabria. Dovrebbe sapere bene che la Corte non ha mai controllato gli atti degli enti locali. Il controllo era di competenza del Co.Re.Co., il Comitato regionale di controllo, fino alla sua abolizione in conseguenza della riforma costituzionale della legge n. 3 del 2001.

In Calabria, in particolare l’art. 20 della legge regionale 11 gennaio 2006 n. 1 (Provvedimento generale recante norme di tipo ordinamentale e finanziario) ha disposto, al comma 1, che “Il Comitato regionale di controllo istituito con legge regionale 5 agosto 1992, n. 12 è definitivamente soppresso. I controlli preventivi di legittimità sugli atti delle istituzione pubbliche di assistenza e beneficenza, di altri Enti ed Amministrazioni, già attribuiti dalle leggi statali alla competenza del Comitato regionale di controllo, cessano di essere esercitati”.

I controlli amministrativi vengono meno. Nessuno si lamenti, dunque, se in caso di illeciti non tempestivamente identificati intervengono i giudici, in sede penale e contabile.

Anche il controllo della Corte dei conti in sede preventiva, quello, appunto, che consentiva di evitare gli errori, è stato ridotto al minimo. Da anni, grazie a scelte del legislatore, non condivise dalle strutture amministrative. Ma era, ripeto, un controllo sull’Amministrazione dello Stato. Lo ha limitato, prima dalla legge 23 agosto 1988, n. 400, sull’ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri, e poi, ancora, l’art. 3 della legge 14 gennaio 1994, n. 20. Comunque non riguardava gli enti locali.

In compenso la Corte dei conti, con la Sezione enti locali (oggi “Sezione Autonomie”) ha per anni “guidato” come Lei chiede, Senatore Fuda, gli amministratori ed i funzionari con sapienti determinazioni, generalmente apprezzate.

Di più, forse non sa, ma dovrebbe saperlo perché siede in Parlamento, che la legge n. 131 del 5 giugno 2003, c.d. “La Loggia”, ha previsto all’art. 7 che alla Corte dei conti possano essere richieste significative forme di collaborazione “ai fini della regolare gestione finanziaria e dell'efficienza ed efficacia dell'azione amministrativa”, come si esprime il comma 8, compresa una funzione consultiva “nelle materie di contabilità pubblica”, prezioso aiuto per gli amministratori.

Infine, quanto alla discrezionalità non si comprende se Lei l’apprezzi o meno, dal momento che, a Suo giudizio, il 95% dei procedimenti si prescrivono, evidentemente con soddisfazione dei locali amministratori. Che, certamente, sarebbero stati ancor più soddisfatti se si prescrivessero tutti. Ed a questo risultato mirava l’emendamento.

Ma via! Con le forze di cui dispone, con la diffusione dei comportamenti illeciti, anche penalmente rilevanti, dei quali la Calabria, a leggere i giornali, ha un triste primato (ricordiamo che fu individuata come area “a rischio” insieme a Campania e Puglia quando nel 1991 furono istituite le Sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti), come si fa a ritenere che “tutti” gli illeciti possano essere perseguiti!

Siamo evidentemente di fronte ad un tentativo maldestro di coprire un’iniziativa che, qualunque sia stata la reale intenzione dei firmatari, obiettivamente metteva al riparo molti amministratori da azioni risarcitorie delle Procure regionali. In materia di consulenze inutili, ad esempio, quelle scandalose decisioni dei politici che il più delle volte servono solo ad attribuire lauti compensi a personaggi “vicini” all’area politica degli amministratori che le decidono.

Quell’emendamento Augusto Barbera lo ha definito, sempre sul Corriere del 16, “un pasticcio”. È stato garbato l’illustre costituzionalista. Gia alcuni anni fa Angelo Panebianco, sempre sul Corriere del 1° agosto 1996, parlò di “Colpo di spugna”, quando si passò dalla colpa lieve, che è quella in cui incorre chi viene meno alle cautele del bonus paterfamilias, alla colpa grave.

La conclusione inevitabile è che la cura del denaro pubblico ed il rispetto del contribuente non sembra essere la prima preoccupazione di gran parte della classe politica!