I LIBRI  DI SALVATORE SFRECOLA

 

Salvatore Sfrecola, "La Costituzione va riformata? SÌ/NO".

ISBN: 978-88-548-9623-9 - 136 pagine - 10 euro - www.aracneeeditrice.it
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L’opera prende in esame la legge di revisione della Costituzione, oggetto del referendum, e ne approfondisce le motivazioni di fondo e le singole disposizioni in tema di riforma del bicameralismo, delle regole della legislazione, del ruolo del governo e delle istituzioni di garanzia, alla luce delle tesi di chi è favorevole alla riforma, e invita a votare SÌ, e di chi è contrario e chiede agli elettori di barrare sulla schema elettorale la casella del NO. Sono richiamate le tesi di illustri giuristi e politologi tratte da libri e giornali, anche on–line. L’autore propende per il NO, anche in relazione agli effetti che la legge elettorale è destinata a produrre sul sistema costituzionale.

 




Scritti per i 150 anni della Corte dei conti

Il volume, con la prefazione del Prof. Gustavo Zagrebelsky, Presidente emerito della Corte costituzionale, a cura di Salvatore Sfrecola, Presidente di Sezione della Corte dei conti, raccoglie gli atti delle celebrazioni torinesi dei 150 anni della istituzione della Corte dei conti ed una serie di scritti di magistrati, docenti universitari, avvocati. é stato presentato il 24 maggio 2013 nell’Aula delle Sezioni Riunite della Corte dei conti, alla presenza del Presidente della Corte, Luigi Giampaolino.

Ha introdotto il dibattito il Dott. Maurizio Meloni, Presidente di Sezione della Corte dei conti, Presidente del Comitato per le celebrazioni dei 150 anni della Corte.
Sono seguiti gli interventi dell'Autore,
del Dott. Aldo Carosi, Giudice costituzionale, del Prof. Domenico Fisichella, ordinario di Scienza della politica nell'Università di Roma "La Sapienza", già Vice presidente del Senato e del Prof. Avv. Aldo Loiodice, docente di Diritto amministrativo nell'Università Europea di Roma.

Il volume può essere richiesto all'Editore Pagine, via Gualtiero Serafino, 8 - Roma, tel  0645468600 - info@pagine.net

 

                                                 Guida pratica

"RESPONSABILITÀ della P.A. e del pubblico dipendente"
 

di Fiammetta Palmieri, Salvatore Sfrecola, Paola Maria Zerman

a cura di Paola Maria Zerman

aggiornato alla L. 69/2009 (risarcimento danno da ritardo), alla L. 99/2009 (azione collettiva) e alla L. 141/2009 (correttivo “anticrisi”).

 

Il libro nasce dalla lunga esperienza di lavoro e di studio di qualificati operatori del diritto, un Avvocato dello Stato e due magistrati (uno penale e l'altro contabile), sui temi della responsabilità civile, penale e amministrativa della Pubblica amministrazione che sono oggetto quotidiano del loro lavoro. La formula è fortemente innovativa grazie agli schemi di sintesi che forniscono un'efficace guida nei complessi, e a volte tortuosi, meandri delle varie fattispecie di responsabilità, da quella medica, alle occupazioni illegittime, alla lesione degli interessi legittimi e alla pregiudiziale amministrativa, alle varie ipotesi di responsabilità contrattuale in materia di appalti pubblici, all'azione collettiva introdotta dalla legge delega "Brunetta". Con un'esposizione ragionata della giurisprudenza nella sua più recente evoluzione, aggiornata al 2009, resa di più immediata percezione da note introduttive ai singoli paragrafi, con funzione di coordinamento dei vari argomenti. Per facilitare la ricerca immediata dei profili giurisprudenziali di interesse il volume è corredato di un indice analitico dettagliato e puntuale con lo scopo di guidare il lettore nella individuazione delle fattispecie e nella soluzione dei problemi.

 

 


 

S. Sfrecola, Appunti di diritto amministrativo europeo, Roma, 2009, Pagine Editore, pp.272, € 15

 “Appunti di diritto amministrativo europeo”, spiega l’Autore nell’introduzione, non Diritto amministrativo europeo e neppure Istituzioni, Corso, Lezioni, o come altro viene di consueto denominato un testo destinato all’Università, per richiamare le lezioni tenute e le dispense distribuite agli studenti negli anni accademici 2003 – 2007, nell’ambito del Corso di laurea in Scienze dell’amministrazione della Facoltà di giurisprudenza della Libera Università Maria SS. Assunta (LUMSA), sede di Roma. Un primo approccio ad una materia, che Salvatore Sfrecola insegna nell’Ateneo romano in un periodo ricco di significativi fermenti riformatori che hanno ruotato intorno alla Convenzione per l’Europa e al Trattato di Lisbona, sottoscritto il 13 dicembre 2007, ormai vigente dopo le ultime ratifiche.

Il libro, come abituale negli scritti di Sfrecola, ha una ricca premessa storica. Fin dall’introduzione il volume ripercorre i “piccoli passi” che hanno segnato, con caparbia determinazione, il cammino dell’Europa comunitaria fino al tentativo di “costituzionalizzare” le relazioni tra gli Stati membri e l’istituzione del Ministro degli affari esteri della UE, la semplificazione degli atti, il nuovo ruolo dei Parlamenti nazionali. “Unità nella diversità” – ricorda Sfrecola - è non solo il motto dell’Unione, ma anche la sintesi del modello europeo, in cui la frontiera fra “interno” ed “esterno”, fra “nazionale” ed “europeo” è messa in discussione, ma non annullata e la supremazia del diritto comunitario convive e non collide con i valori alla base delle costituzioni nazionali; e, infine, i diritti fondamentali trovano fondamento e legittimazione nelle costituzioni nazionali, per divenire poi, in un fenomeno di cross fertilization, valori e principi della stessa Unione, destinati a loro volta a condizionare e modificare i valori e i principi; delle costituzioni nazionali da cui sono tratti. Basti pensare alla sussidiarietà, trasportata dai trattati europei nella nostra Costituzione (all’art. 118), un principio che, dobbiamo ricordarlo, è stato formulato per la prima volta all’interno della dottrina sociale della Chiesa e più precisamente all’interno del Magistero Pontificio”.

Il volume si articola in nove capitoli arricchiti da alcune letture dovute a Giorgio De Francesco, “Una costituzione senza radici (cristiane)”, Paola Maria Zerman, “Il principio di sussidiarietà”, Laura Lunghi “I principi di politica sociale ed i diritti dei lavoratori europei”, che con l’Autore collaborano alle attività di cattedra.

Oltre l’Introduzione che avvicina il lettore-studente, e non solo, alle problematiche storico giuridiche dell’ordinamento comunitario i vari capitoli affrontano i temi dell’Europa, Storia di un’idea che rivive nei trattati (I), La natura giuridica della CEE e dell’UE (II), le Istituzioni dell’Unione Europea (III), le fonti del diritto comunitario (IV), le politiche pubbliche dell’Unione (V), la Pubblica Amministrazione e la sua organizzazione (VI), gli atti ed i procedimenti amministrativi (VII), la finanza e il bilancio dell’Unione europea (VIII), le frodi comunitarie e le responsabilità per danno alla comunità.

Il libro è dedicato agli studenti che frequentano le lezioni, in particolare ai “cittadini europei” che si avvalgono del programma Erasmus, un nome – ricorda Sfrecola - che naturalmente evoca l’Europa. Infatti, “Erasmo da Rotterdam, più di cinquecento anni fa, studiò a Parigi, si laureò a Torino, insegnò a Cambridge e morì a Basilea: emblema di quella cultura comune che fu sempre un collante potente tra i popoli europei”.

L’Europa politica – sottolinea l’A. - è giovane. Ha poco più di cinquant’anni, nasce dai tormenti della seconda guerra mondiale, dalla constatazione che un Continente con un paio di millenni di storia deve necessariamente avere molti più motivi d’unione di quanti possano aver sviluppato in senso negativo le contrapposizioni che ne hanno accompagnato la vita nel corso dei secoli, dall’indomani della caduta dell’Impero romano. Proprio quella storia, che è eredità culturale e giuridica. Per cui, si è discusso e si discute delle radici dell’Europa d’oggi, che s’individuano nella comune cultura greco-romana e religiosa, con diverse accentuazioni, secondo la sensibilità dei vari protagonisti, oggetto di serrato confronto durante i lavori della Convenzione in sede di definizione del preambolo nel quale tradizionalmente sono richiamati i principi ispiratori dei trattati internazionali. Dibattito non di poco conto, dacché è tradizione ben nota agli storici del diritto che gli stati, e, quindi, le unioni di stati, vadano alla ricerca delle proprie radici storiche ad esaltare la nobiltà di uomini e di popoli dai quali discendono o assumono di discendere.

Nell’integrazione europea un ruolo fondamentale lo ha svolto il diritto, come sempre è avvenuto nella storia degli ordinamenti pubblici. Un ruolo essenziale, uno dei pilastri che cementano l’Unione, un elemento che assicura solidità e continuità nella costruzione di una Europa unita. Con l’avvertenza che il diritto amministrativo che oggi qualifichiamo europeo più di ogni altro ramo del diritto è penetrato nel nostro ordinamento condizionandolo profondamente sicché facile è la previsione che a breve il diritto amministrativo sarà solo o prevalentemente “europeo”, per diretta applicazione di regolamenti o direttive, quando di immediata vigenza, o per recepimento nell’ordinamento interno.

Il testo di agevole lettura mette gli studenti di fronte alle problematiche attuali dell’integrazione comunitaria attraverso ampi riferimenti alla giurisprudenza della Corte di giustizia ed alla dottrina più recente, con riferimenti specifici e puntuali anche alla realtà italiana, in modo da consentire allo studente ed in genere al lettore di fermare la propria attenzione su singoli aspetti e sull’insieme istituzionale, acquisendo una conoscenza del Diritto amministrativo europeo che ne completi la cultura giuridica.

Giuseppe Girone*

 


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Funzionario dell'ANAS in posizione di comando presso l’Autorità per la Vigilanza sui Contratti Pubblici di Lavori, Servizi e Forniture.

 

 

 

Salvatore Sfrecola, Un’occasione mancata o una speranza mal riposta? Cinque anni a Palazzo Chigi con  Gianfranco Fini, 2006, Editore Nuove Idee, € 12

 

“Com’è nato questo libro?* E perché? Me l’hanno chiesto molti. E in effetti sono stato a lungo incerto se scrivere della mia esperienza di Capo di Gabinetto del Vicepresidente del Consiglio, Gianfranco Fini, nei cinque anni del Governo Berlusconi…”

“Chi te lo fa fare”, mi dicevano. “Dovrai dire anche qualcosa di critico. Ti farai nemici”. Non mi hanno convinto. Ho sentito, invece, il dovere di offrire una testimonianza a quanti si interessano della vita delle istituzioni, della politica nel senso più nobile del termine. Che è individuazione delle scelte destinate a soddisfare le esigenze della comunità, cioè a realizzare quello che si chiama “bene comune”, attraverso “politiche” economiche e sociali idonee a favorire lo sviluppo morale e materiale della società. In questo senso un uomo delle istituzioni, come io sono per cultura e per professione, in quanto magistrato della Corte dei conti, credo abbia il dovere di esprimere valutazioni su come è stata gestita la cosa pubblica, che è gestione di risorse prelevate dalle tasche dei cittadini per finalità che non sono “di partito”, anche se sono necessariamente i partiti e le loro coalizioni a governare le scelte.
Pertanto, con assoluta indipendenza, ho voluto esporre in questo libro alcune mie personali opinioni sulle cose fatte e su quelle che, a mio avviso, andavano fatte o che andavano fatte diversamente. Valutazioni che, in una certa misura, riguardano qualunque Governo che intenda effettivamente perseguire il bene comune, dalla politica della pubblica amministrazione a quella della famiglia, della scuola, dell’industria e del commercio. Per non parlare dell’ordine e della sicurezza pubblica.
Cominciamo dalla pubblica amministrazione, certamente la grande trascurata da troppi governi e da troppi anni. Ed è, in una certa misura, difficilmente spiegabile, se non con la modestia di gran parte della classe politica dei nostri tempi. Perché è evidente che un governo, qualunque governo, che intenda perseguire obiettivi di sviluppo economico e sociale della società dovrà operare attraverso le proprie strutture amministrative, con gli uomini di cui dispone e con gli strumenti operativi dei quali questi si avvalgono. Questo vale per la politica economica, per quella fiscale, per l’ordine pubblico, per la scuola.
È talmente evidente che non si comprende come il problema non venga percepito come prioritario. In ogni settore occorrono buoni operatori e leggi adeguate alle esigenze del momento. I buoni operatori vanno selezionati e retribuiti adeguatamente. E motivati. Occorre, cioè che essi sentano che il Governo e l’opinione pubblica li riconoscono come efficienti e fedeli servitori delle istituzioni.
Non è accaduto negli ultimi anni. Ed è gravissimo. Basta conoscere un po’ di storia per verificare che i grandi paesi occidentali hanno tradizionalmente grande cura dell’apparato amministrativo. Hanno una grande tradizione amministrativa. Nel libro faccio gli esempi della Francia, della Germania, della Gran Bretagna, della Spagna. Ed ancora tutti hanno a mente, per averlo letto più volte, il ricordo dell’efficienza dell’Imperial regio governo di Maria Teresa, Imperatrice d’Austria.
Insisto sempre, e da molto, in tutti i miei interventi, e in ogni occasione, su questo argomento. Ricordando che uno stato liberale, con ampia devoluzione al privato delle iniziative economiche e sociali (queste ultime anche in virtù del principio di sussidiarietà accolto dall’art. 118 della Costituzione), esige una pubblica amministrazione efficiente. Perché delineare politiche e coordinarle richiede assai più professionalità di quanta ne occorra nel fare, nell’eseguire.
Nel libro faccio anche l’esempio dell’inadeguatezza delle politiche familiari. La Repubblica, si legge nella Costituzione, “riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio” (art. 29). Espressione normativa di elevatissimo contenuto, innanzitutto perché “riconoscere” significa prendere atto che quella “società naturale” preesiste allo Stato che ne condivide le finalità di interesse pubblico. La procreazione e l’educazione dei figli (art. 30), necessarie per lo sviluppo della comunità, che ha esigenza di contare su cittadini onesti e professionisti capaci. Famiglia significa anche fattore di protezione dei giovani, ad esempio nei confronti del disagio (del quale un aspetto drammatico è costituito dalla dipendenza da droghe), ed assistenza ai malati ed agli anziani, quasi sempre in un ruolo di supplenza nei confronti delle istituzioni pubbliche.
La famiglia è anche un importante operatore economico. Interviene sul mercato dei beni e dei servizi, se dotata di adeguate risorse. Altrimenti non è in grado di risparmiare e di spendere. E questo si ripercuote sull’economia dell’intero paese. Il calo delle nascite, anche se non se ne parla, è destinato a ridurre posti di lavoro in ogni settore, dai servizi (la scuola, ad esempio) a molte produzioni.
Per questo, molti paesi stanno attuando politiche familiari capaci di favorire, anche attraverso riduzioni fiscali, l’incremento delle nascite ed il benessere delle famiglie. Si tratta, in sostanza, di tener conto che l’educazione dei figli e l’assistenza ai malati ed agli anziani rappresentano un importante valore sociale, per cui gli oneri relativi meritano un riconoscimento sotto il profilo tributario, in quanto spesa di produzione di una ricchezza che è destinata a divenire capitale dell’intera comunità. Lo si sta facendo, proprio in questi anni, in Francia ed in Svezia . L’Italia, ancora una volta, è indietro.
Nel settore dell’economia ho svolto alcune considerazioni sul mancato controllo dell’aumento dei prezzi a seguito dell’introduzione dell’euro. Non è colpa della moneta, che è naturalmente neutrale, ma dell’inadeguata attenzione delle autorità per le speculazioni messe in atto in tutti i settori. Ed il primo cattivo esempio lo ha dato proprio lo Stato. Dacché il canone RAI, che in lire superava di poco le 100 mila, in euro è stato fissato nella stessa misura. Cioè nel doppio!
Anche le dismissioni del patrimonio immobiliare pubblico sono state condotte male. Attraverso società di intermediazione che, nell’ottica del profitto, hanno lucrato ingenti vantaggi che si sono trasformati in oneri pesanti per gli inquilini acquirenti, che avrebbero pagato di meno le case se vendute direttamente dallo Stato e dagli enti pubblici, con mutui agevolati.
Il mio è un libro politico? Direi meglio che tratta di politica o, come si dice, delle “politiche pubbliche”. Ma non affronta i vari problemi dei quali si occupa nell’ottica del politico, inteso come uomo di parte. Dietro ogni considerazione c’è una riflessione che un uomo delle istituzioni ha potuto fare da un osservatorio privilegiato, com’è certamente il Palazzo del Governo, cercando di dare una chiave di lettura di molti avvenimenti ed offrendo spunti di riflessione che, come ho già detto, possono essere utili a chiunque si occupi di gestione della cosa pubblica.
Ho cercato anche di “animare” i luoghi dove si assumono, o si sarebbero dovute assumere, le decisioni. Ho descritto ambienti e citato i protagonisti delle decisioni, politici e tecnici. E mi auguro che anche questo sia servito a facilitare la lettura ed a stimolare qualche riflessione.

*Intervista all'Autore.